D segni, D gressioni, D vagazioni, contra D zioni.

Buon D vertimento.

martedì 20 novembre 2007

Pantaloni oversize e mutande firmate

Quella mattina nella stanza c’era un poster nuovo…anzi, a guardare meglio non si trattava di un poster ma di uno specchio…e riflessa non vi era una signorina “tira e ammira” ma semplicemente la figura di Vitaliano, che nella stanza ci viveva.

Era a torso nudo, il suo sguardo si perdeva sognante nel bianco riflesso delle sue mutande.

Le mutande…Silvia, la ficona della classe, badava bene a tenere sempre in vista il marchio ricamato sull’elastico dei suoi perizoma leopardati firmati G&G, era il suo segno distintivo ed un imperativo per tutte le ragazze che volevano apparire belle, “cool” (ed il cool col perizoma appariva proprio bene…), “fashion”, “glam” e parolacce simili. E se un giorno Carlo l’aveva definita stupida poiché pagava un prodotto un sacco di soldi per poi fargli pubblicità gratis suggerendole di affittare lo spazio dell’ elastico di un paio di normali mutande bianche a nuovi sponsor guadagnandoci pure (che testa quel Carlo!) è perché Carlo è uno fuori dal mondo, un asociale, un rincoglionito, una zecca e probabilmente anche frocio se non si attizza davanti a Silvia.

Sull’elastico delle mutande Nicole e Kevin portano scritto l’una il nome dell’altro come sulle fedi. Mario invece, che in classe è seduto davanti al suo migliore amico Fabrizio, sull’elastico ci scrive i suggerimenti per i compiti in classe durante i quali fa’ attenzione ad ingobbirsi di più sul banco per alzare un po’ di più l’orlo della magliettina ipo-size.

Quel giorno Vitaliano avrebbe detto la parola “basta!” alla sua condizione di sfigatello, quel giorno tutti avrebbero dovuto vedere l’elastico delle sue favolose mutande firmate Capéllin Kulein. Per il momento aveva potuto comprare solo quel paio, costavano un sacco di soldi e se suo padre l’avesse saputo l’avrebbe suonato come una fisarmonica al salone del Liscio, ma avrebbe risparmiato e col tempo ne avrebbe comprate diverse paia e di diverso colore per poterle abbinare coi diversi vestiti.

Per esaltare l’effetto aveva provveduto ad acquistare anche un paio di nuovissimi jeans extra-size, poiché la mutanda firmata ed il jeans extra-size sono come il chiodo ed il martello, l’uno senza l’altro non ha senso.

Li infilò, si guardò di nuovo ma c’era qualcosa che non andava, la scritta si vedeva solo a metà, deformata dalle mille pieghe della stoffa sovrabbondante stretta dal cuoio della cintura e dalla pancetta che, aggettando pesantemente da tutti i lati, spingeva l’elastico verso l’esterno quasi ad arrotolarlo. Gli venne istintivo provare a tirare le mutande più su in modo che la stoffa morbida facesse anche da guaina per la ciccia ma si fermò all’improvviso…

Maledetta abitudine da sfigato di abbottonarsi i pantaloni da sfigato appena sotto l’ombelico come uno sfigato! Aveva comprato le mutande fiche per poi portarle ascellari?! Ci mancava soltanto che ci infilasse la maglietta dentro…

Bastava allentare un po’ la cintura e lasciare che i pantaloni cadessero naturalmente appoggiandosi laddove il diametro delle anche è più largo…

FICHISSIMO!!!!!!!!

La fibbia della cintura, adagiata pesantemente sulla vescica, aumentò l’intensità di quello stimolo fisiologico che la smania di ammirarsi nelle nuove vesti aveva relegato in attesa e che in quel momento aveva cominciato a premere inopportuno.

“Sono le ottooooooooooooooo” dal soggiornò arrivò la voce della madre.

Era tardissimo, basta autocompiacersi, stava rischiando di perdere l’autobus. Infilò in fretta una maglietta, prese lo zaino scese di corsa le scale. Non c’era tempo per la colazione, avrebbe comprato qualcosa al bar di fronte alla scuola, non c’era tempo neanche per andare in bagno, avrebbe fatto anche quella al bar. Salutò la madre lasciando un frettoloso “Ciao” sprizzare come una scintilla verso il soggiorno ed uscì di casa per recarsi alla fermata.

Certo che quei pantaloni potevano essere anche fichi ma il quel frangente risultavano veramente scomodi.

Ormai avevano perso la loro funzione di schermo degli indumenti intimi, ma questa era un’esigenza della moda.

Avevano perso anche la funzione di supporto agli organi genitali, ciondolanti a destra e a manca in una sfrenata danza tribale, che sembravano anch’essi vittime di quei moti di rotazione e rivoluzione che animano gli sferoidi spaziosiderali.

In compenso avevano acquisito due funzioni in più: quella di provocare esaurimento nervoso a causa del continuo tirarli su per evitare che cadano del tutto muovendosi e quella di esacerbare del tutto gli sferoidi ciondolanti sopra citati per via delle evidenti difficoltà motorie derivate dalla differenza tra la misura limite della vita del pantalone, ormai arrivato all’altezza delle gambe, e quella dell’arco descritto dalle gambe stesse per compiere un passo, ostacolando così la libera falcata.

Affrettare il passo in queste condizioni era difficile, ma in lontananza cominciava a vedersi la sagoma inconfondibile dell’autobus e la fermata era ancora lontana. Tra l’agitazione e l’impaccio ci provò.

Col fiatone, una mano che reggeva il pantalone, la bocca che reggeva lo zaino per un laccetto ed un braccio allargato per trovare l’equilibrio arrivò proprio nel momento in cui la portiera stava per chiudersi completamente. Aprì la bocca per urlare all’autista di aspettare, lo zaino scivolò lungo il braccio deputato all’equilibrio che si stava stendendo verso la portiera, la mano deputata ai pantaloni lo afferrò, i pantaloni caddero completamente e nello slancio cadde anche lui.

I ragazzi seduti sui sedili posteriori dell’autobus che si allontanava si stavano sganasciando dalle risate con la faccia schiacciata contro il lunotto.

Quando vengono ben stimolate le vesciche che stanno per scoppiare non guardano in faccia a nessuno e adesso che erano umide e sporche le costosissime mutande firmate Capéllin Kulein erano come tutte le altre.

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