D segni, D gressioni, D vagazioni, contra D zioni.

Buon D vertimento.

martedì 18 dicembre 2007

Don Luciano, San Silvio e i montanari

Quel Moggi ne sa una più del Diavolo, come si suol dire. Se non avesse capito che la sua non era una vera vocazione, andando via dal seminario di Siena, nessuno si sarebbe mai insospettito quando gli affiliati della cupola l’avrebbero chiamato “Don Luciano”.

Ma lui non poteva fare il prete, non era avvezzo ad “aprire le porte ai fedeli”, le porte lui preferisce chiuderle.

A chiave.

Con qualche arbitro dietro magari…

E poi sapeva già che quel suo difetto, la logorrea, ad ogni predica avrebbe prodotto effetti devastanti con i banchi della chiesa semivuoti e gli occupanti buttati sopra addormentati. Che ci può fare?! Quando comincia a parlare non la smette più…

E continua! Ancora adesso.

E’ il progresso che lo ha distrutto, con l’invenzione del telefonino. Strano però che lui faccia il numero di Padre Pio e gli risponda San Silvio…

San Silvio: ci pensa lui a mettere tutto a posto, come sempre!

“Calciopoli?! Tutta una montatura!”

Ed il Diavolo è tornato a saperne una di più.

E’ tutta una questione di marketing in fondo. Management: questo ci vuole!

Anche Tomba (…sì, Tomba. Come chi è?! Il campione di sci! …e vabbe’, quella specie di quarto di bue abbronzato che ha fatto “Alex l’ariete”. Capito adesso? …no, quello era il palo della segnaletica stradale…lo so che era più espressivo, mica l’ho scelto io Tomba!) l’ha capito. Adesso, che non gli rimane un cavolo da fare nella vita, più che mai:

”…Eh…mo sssai qual è che è il… la la… è che l-lo ssi è un sport…è un sport che zi essero un sciacco di inioranti! Di montanari proprio…”

giovedì 13 dicembre 2007

Bush, una boccata di fumo in faccia ai bambini meno agiati

Apprendo dal sito del Corriere della Sera, in questa pagina: http://www.corriere.it/ultima_ora/detail.jsp?id={D03E4020-181B-4D53-9BFF-3E9CC6FA1161}
che Bush, per la SECONDA volta, pone il veto su un provvedimento del Congresso che prevedeva l'assistenza sanitaria gratuita per circa 10 MILIONI di bambini provenienti da famiglie a basso o medio reddito.

Le spese sarebbero state coperte dall'aumento della tassazione sulle sigarette.

Per Bush:"Questa legge NON pone i bambini poveri al centro dell'attenzione e muoverebbe il sistema sanitario nazionale nella direzione SBAGLIATA."

Noi avremo anche i nostri casi di malasanità -ma non credo che ci sia un posto nel mondo dove manchino: la malasanità è figlia di errori umani e tutti i presìdi sanitari del mondo sono fatti di esseri umani - oltre che bravi professionisti che svolgono il proprio lavoro con dedizione e umanità riscuotendo grandi risultati che siano nel macrocosmo nazionale ed internazionale o nel microcosmo personale o entrambi, però qui il diritto alla salute è valido per tutti non solo per chi se la può comprare.

ORGOGLIOSO DI ESSERE ITALIANO

martedì 4 dicembre 2007

Incontro al parco

Un rumore. Forse stava arrivando finalmente.

Umberto si affacciò appena oltre le foglie e distinse a fatica una figura, tra la luce lontana di un lampione, arrivare dal fondo del viottolo.

Gli balzò il cuore in gola.

Calma! Doveva calmarsi o neanche stavolta ce l’avrebbe fatta.

Era stata una bella idea quella del parco. La tarda serata rendeva tutto perfetto. Stavolta non aveva scuse, doveva trovare il coraggio a tutti i costi.

I passi erano ormai vicini.

Sentì la paura formicolargli forte nello stomaco. Chiuse gli occhi, respirò.

Era arrivata.

Umberto uscì di scatto dalla siepe, afferrò dapprima un po’ indeciso, poi forte la figura, caricò il braccio che reggeva il coltello e cominciò a sferrare una serie di fendenti con tutta la foga che aveva, senza preoccuparsi di inquadrare un punto preciso, senza preoccuparsi di quello che stava facendo: a quel punto non poteva avere rimorsi, ne aveva già avuti troppi prima.

Si fermò soltanto quando sentì il corpo della vittima ormai troppo pesante per essere vivo.

Col fiatone la osservò per la prima volta: un adolescente. Avrebbe potuto essere benissimo lui.

Vide il sangue a terra, sulle sue mani. Provò solo in quel momento la sensazione che dava la resistenza del corpo contro la lama, come se il suo omicidio si stesse appena compiendo.

Nausea, debolezza, mal di testa…No!

No, no. Era stato un attimo. Adesso poteva lasciare spazio a tutta la sua felicità.

Si guardò attorno, per fortuna non c’era nessuno. Gli avrebbero rovinato la parte più divertente del suo gesto.

Tirò fuori un fazzoletto. Pulì grossolanamente il coltello facendo attenzione a lasciare qualche impronta. Fece qualche passo e lo gettò in un posto non così difficile da trovare. Raccolse il suo zaino, vi prese dei vestiti di ricambio e li indossò chiudendo quelli sporchi in una busta che avrebbe bruciato poi.

Si allontanò. Aveva pensato a tutto. E lo aveva fatto proprio bene. Stava per scattare il reality show. Quante risate si sarebbe fatto davanti alle congetture degli inquirenti, ai moventi che si sarebbero inventati, alle facce rosse di chi aveva qualche ruggine con la vittima, al gioco delle “nomination” dei sospettati… fino a che le tracce deliberatamente lasciate non avrebbero portato a lui .

E allora…finalmente! Finalmente avrebbe avuto anche lui il suo posto nello show-business: ospitate nei vari programmi, nelle discoteche. La moda: qualche sfilata o qualche linea d’abbigliamento, d’accessori.. Magari qualche reality show vero, le fiction! E poi: gli Yacht, i vip, le foto sui giornali scandalistici, le feste “in”…e tante, tante belle ficone…

La sua figura assorta e beata sparì sul fondo del viottolo che aveva fatto da parodo all’entrata della sua vittima ed il parco tornò nel suo silenzio.

venerdì 30 novembre 2007

L'Onorevole e Viorica

Viorica era appena arrivata.

Tante immagini avevano accompagnato il suo lungo e scomodo viaggio, immagini di giochi con le amiche, immagini di quel buffo ragazzo che le aveva dichiarato di essersi preso una cotta, immagini degli occhi spenti di suo padre, delle mani rovinate della madre, dei suoi due vivaci fratellini con le faccette sporche che bisticciavano ogni minuto.

E poi immagini di lei, ammirata da tutti mentre camminava spigliata su una passerella, i fotografi, i viaggi, le grandi città con le loro meraviglie, i grandi alberghi (chissà come erano, non ne aveva mai visto uno da dentro…), le comodità, le copertine, qualche intervista…la fantasia volava ad ali spiegate ed ogni successo ne richiamava subito un altro più ambizioso, per inerzia.

Che orgoglio poter dare dei soldi a sua madre… proprio lei, così giovane! Che orgoglio poterle offrire una vita migliore: non avrebbe dovuto più rovinarsi le mani per mantenere la famiglia…

Adesso aveva un uomo vicino, Nikola. Nikola aveva visto il mondo. Nikola era bello. Nikola aveva voluto portarla in Italia poiché aveva visto in lei la stoffa per fare la modella: e Nikola non si sbagliava mai. Nikola era sicuro, rispettato. Nikola le aveva promesso di prendersi cura di lei.

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Quel giorno l’Onorevole aveva molti pensieri per la testa. Si era appena accomodato in auto, l’autista mise in moto, lui chiuse gli occhi e sbuffò.

La riunione era stata davvero noiosa, non si ricordava neanche più di cosa si fosse parlato. Avrebbe controllato più tardi gli appunti del suo portaborse: quel ragazzo era zelante. Si compiacque con un sorrisetto non trattenuto per la sua furbizia: quanto tempo era passato?! Vatti a ricordare! Il ragazzo era in prova, se voleva essere assunto doveva darsi da fare. Così lui aveva a disposizione più tempo e più soldi, quelli dell’apposito indennizzo per il portaborse da cui doveva defalcare soltanto un simbolico rimborso spese. Eh beh, il ragazzo era giovane, doveva fare la gavetta, doveva imparare cosa vuol dire lavorare. Gli sarebbe stato utile un giorno, i ragazzi di oggi sono tutti una gran massa di scansafatiche.

L’unica cosa che ricordava della riunione era che quel giorno il Partito aveva deciso che sarebbe stato lui ad andare in visita dal Cardinale. La sua faccia era rimasta meno visibile di quelle degli altri negli ultimi tempi e gli elettori sono un pubblico esigente, hanno bisogno di personaggi e di gesti a cui associarli.

Sant’uomo quel Cardinale. Era una persona molto influente, bastava un gesto della sua mano ingioiellata per far smuovere qualcosa. E l’aveva smossa. Avrebbero parlato di obiettivi comuni, moralizzazione, divisione di compiti, soldi ed interventi a favore. Gli elettori avrebbero avuto una riprova ancora più forte della serietà del suo Partito e della vicinanza alle loro esigenze perché tutti gli italiani sono cattolici. E chi non lo è al primo momento di difficoltà capirà il proprio errore.

Un’occhiata all’orologio.

Voleva fare in tempo a passare anche da un concessionario di sua conoscenza. L’indomani sarebbe stato il ventesimo compleanno di suo figlio. Lui non poteva esserci, quella sera l’aspettava la giovane e carina segretaria del movimento giovanile del Partito, una ragazza di qualche anno più grande di suo figlio ma già molto matura di testa. Lei lo vedeva come un idolo, un maestro. Lui non riusciva a rimanere insensibile di fronte a quell’impeto giovanile, a quella pelle liscia, a quei vestitini maliziosi, a quegli sguardi d’ammirazione… Ormai era un anno. Il giorno successivo sarebbe andato con lei ad un congresso del movimento giovanile del quale lui era ospite.

A suo figlio avrebbe regalato una nuova due posti, ancora più bella di quella che il ragazzino aveva sfasciato uscendo di strada per l’eccessiva velocità due mesi prima. Tanto non era certo regalandogli un’utilitaria che avrebbe smesso di correre per strada: era giovane, quello era il suo tempo. Lo era stato anche lui giovane, perciò sapeva. In fondo se non c’erano stati danni fisici era stato proprio grazie alla resistenza di una macchina di quel genere.

Si, con un regalo così suo figlio l’avrebbe di certo perdonato, avrebbe detto agli amici “Guardate che mi ha regalato papà!” facendoli morire d’invidia. E poi, comunque, avrebbe di certo preferito festeggiare insieme ai suoi coetanei andando a ballare, come fanno loro. Quella carcassa di sua moglie avrebbe potuto incontrare le sue amiche libere da figli e figlie, tutti in discoteca insieme al suo. Per cui la sua presenza quel giorno non sarebbe stata poi fondamentale…

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Faceva freddo. Ma era quello che veniva da dentro che la faceva tremare. Quel freddo aveva congelato tutto: i suoi pensieri, i suoi sogni, la sua vita.

Le faceva male tutto. Era la sua prima volta. Sporcata per sempre, perché una volta sola è la “prima”.

Erano in tre o quattro…Nikola in testa. Lei aveva di colpo capito tutto: di colpo le copertine erano diventate incarti sgualciti gettati in terra, i fotografi avevano tolto l’occhio dal mirino ed avevano cominciato a grugnire risate odiose, i grandi alberghi erano diventati un lurido appartamento; di colpo gli occhi spenti di suo padre si erano chiusi, le mani rovinate della madre si erano rattrappite ed i fratellini avevano smesso di bisticciare guardandosi intorno senza sapere cosa stesse succedendo; di colpo i giochi con le amiche erano cessati per sempre e quel ragazzo imbranato sembrava quasi più bello…

Le mani cercavano disperatamente di tirare giù la pochissima stoffa del suo pantaloncino aderente come se ce ne fosse ancora un metro e ad ogni convulsione la bruciatura di sigaretta pizzicava forte.

Avrebbe voluto scappare. Era all’aperto, era su di una strada. Una strada sconosciuta che portava in una direzione sconosciuta, in un posto sconosciuto. E lei era sola.

Un amico di Nikola, uno dei quattro, controllava da lontano.

Non era in grado di fare niente in quel momento. Pensieri, reazioni, decisioni non riuscivano più a trovare spazio in lei, tutto era oppresso in una stretta soffocante. Nell’ingenuità dei suoi 14 anni avrebbe desiderato soltanto chiudere gli occhi e ritrovarsi a casa.

Passò davanti a lei un’automobile elegante. L’uomo seduto sul sedile posteriore la guardò.

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La giornata era quasi finita. Rimaneva la parte più bella, finalmente. L’Onorevole non vedeva l’ora di incontrare la sua segretaria del movimento giovanile. Da due settimane aspettava quel momento.

Tutto era filato liscio quel giorno, il Cardinale era stato cortese, come sempre, si erano trovati d’accordo praticamente su tutto. I telegiornali avevano dato la giusta risonanza a quell’incontro. Aveva trovato un bolide eccezionale per suo figlio, ne avrebbe preso una anche per sé tanto gli era piaciuto ma poi si era reso conto di non averne bisogno.

…forse, pensò in quel momento, sarebbe stato un bel regalo per lei…

L’autista prese una strada battuta da prostitute. L’ Onorevole, dal sedile posteriore, seguì con lo sguardo una ragazza più isolata dalle altre. Stava rigida, con gli occhi bassi, con le mani tirava continuamente giù la poca stoffa dei suoi pantaloncini aderenti.

Scosse la testa. Quella gente stava portando il degrado su quella strada.

Aveva sentito qualcuno farneticare circa la riapertura delle case chiuse per risolvere il problema. “ Si migliorerebbero le condizioni igieniche, aumenterebbero gli introiti fiscali da parte di un settore che ricicla molto denaro, si ridurrebbe il degrado sulle strade, si darebbe un duro colpo al racket dello sfruttamento…” sciocchezze! Come si può legalizzare la prostituzione?! E’ immorale! Aveva ragione quel sant’uomo del Cardinale quando, quel pomeriggio, aveva affermato che il mondo stava perdendo sempre più inesorabilmente la sua moralità! Se quella gente se ne stesse a casa propria invece di venire in massa in Italia non finirebbe sulla strada.

Si calmò, non poteva rovinarsi una serata così attesa.

Ripensò ai pantaloncini aderenti di quella prostituta che aveva seguito con lo sguardo e cominciò ad immaginarli addosso alla sua giovane amica…

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I fari di un’altra automobile, al passaggio, illuminarono le gambe di Viorica. L’auto questa volta si fermò…

domenica 25 novembre 2007

giovedì 22 novembre 2007

martedì 20 novembre 2007

Pantaloni oversize e mutande firmate

Quella mattina nella stanza c’era un poster nuovo…anzi, a guardare meglio non si trattava di un poster ma di uno specchio…e riflessa non vi era una signorina “tira e ammira” ma semplicemente la figura di Vitaliano, che nella stanza ci viveva.

Era a torso nudo, il suo sguardo si perdeva sognante nel bianco riflesso delle sue mutande.

Le mutande…Silvia, la ficona della classe, badava bene a tenere sempre in vista il marchio ricamato sull’elastico dei suoi perizoma leopardati firmati G&G, era il suo segno distintivo ed un imperativo per tutte le ragazze che volevano apparire belle, “cool” (ed il cool col perizoma appariva proprio bene…), “fashion”, “glam” e parolacce simili. E se un giorno Carlo l’aveva definita stupida poiché pagava un prodotto un sacco di soldi per poi fargli pubblicità gratis suggerendole di affittare lo spazio dell’ elastico di un paio di normali mutande bianche a nuovi sponsor guadagnandoci pure (che testa quel Carlo!) è perché Carlo è uno fuori dal mondo, un asociale, un rincoglionito, una zecca e probabilmente anche frocio se non si attizza davanti a Silvia.

Sull’elastico delle mutande Nicole e Kevin portano scritto l’una il nome dell’altro come sulle fedi. Mario invece, che in classe è seduto davanti al suo migliore amico Fabrizio, sull’elastico ci scrive i suggerimenti per i compiti in classe durante i quali fa’ attenzione ad ingobbirsi di più sul banco per alzare un po’ di più l’orlo della magliettina ipo-size.

Quel giorno Vitaliano avrebbe detto la parola “basta!” alla sua condizione di sfigatello, quel giorno tutti avrebbero dovuto vedere l’elastico delle sue favolose mutande firmate Capéllin Kulein. Per il momento aveva potuto comprare solo quel paio, costavano un sacco di soldi e se suo padre l’avesse saputo l’avrebbe suonato come una fisarmonica al salone del Liscio, ma avrebbe risparmiato e col tempo ne avrebbe comprate diverse paia e di diverso colore per poterle abbinare coi diversi vestiti.

Per esaltare l’effetto aveva provveduto ad acquistare anche un paio di nuovissimi jeans extra-size, poiché la mutanda firmata ed il jeans extra-size sono come il chiodo ed il martello, l’uno senza l’altro non ha senso.

Li infilò, si guardò di nuovo ma c’era qualcosa che non andava, la scritta si vedeva solo a metà, deformata dalle mille pieghe della stoffa sovrabbondante stretta dal cuoio della cintura e dalla pancetta che, aggettando pesantemente da tutti i lati, spingeva l’elastico verso l’esterno quasi ad arrotolarlo. Gli venne istintivo provare a tirare le mutande più su in modo che la stoffa morbida facesse anche da guaina per la ciccia ma si fermò all’improvviso…

Maledetta abitudine da sfigato di abbottonarsi i pantaloni da sfigato appena sotto l’ombelico come uno sfigato! Aveva comprato le mutande fiche per poi portarle ascellari?! Ci mancava soltanto che ci infilasse la maglietta dentro…

Bastava allentare un po’ la cintura e lasciare che i pantaloni cadessero naturalmente appoggiandosi laddove il diametro delle anche è più largo…

FICHISSIMO!!!!!!!!

La fibbia della cintura, adagiata pesantemente sulla vescica, aumentò l’intensità di quello stimolo fisiologico che la smania di ammirarsi nelle nuove vesti aveva relegato in attesa e che in quel momento aveva cominciato a premere inopportuno.

“Sono le ottooooooooooooooo” dal soggiornò arrivò la voce della madre.

Era tardissimo, basta autocompiacersi, stava rischiando di perdere l’autobus. Infilò in fretta una maglietta, prese lo zaino scese di corsa le scale. Non c’era tempo per la colazione, avrebbe comprato qualcosa al bar di fronte alla scuola, non c’era tempo neanche per andare in bagno, avrebbe fatto anche quella al bar. Salutò la madre lasciando un frettoloso “Ciao” sprizzare come una scintilla verso il soggiorno ed uscì di casa per recarsi alla fermata.

Certo che quei pantaloni potevano essere anche fichi ma il quel frangente risultavano veramente scomodi.

Ormai avevano perso la loro funzione di schermo degli indumenti intimi, ma questa era un’esigenza della moda.

Avevano perso anche la funzione di supporto agli organi genitali, ciondolanti a destra e a manca in una sfrenata danza tribale, che sembravano anch’essi vittime di quei moti di rotazione e rivoluzione che animano gli sferoidi spaziosiderali.

In compenso avevano acquisito due funzioni in più: quella di provocare esaurimento nervoso a causa del continuo tirarli su per evitare che cadano del tutto muovendosi e quella di esacerbare del tutto gli sferoidi ciondolanti sopra citati per via delle evidenti difficoltà motorie derivate dalla differenza tra la misura limite della vita del pantalone, ormai arrivato all’altezza delle gambe, e quella dell’arco descritto dalle gambe stesse per compiere un passo, ostacolando così la libera falcata.

Affrettare il passo in queste condizioni era difficile, ma in lontananza cominciava a vedersi la sagoma inconfondibile dell’autobus e la fermata era ancora lontana. Tra l’agitazione e l’impaccio ci provò.

Col fiatone, una mano che reggeva il pantalone, la bocca che reggeva lo zaino per un laccetto ed un braccio allargato per trovare l’equilibrio arrivò proprio nel momento in cui la portiera stava per chiudersi completamente. Aprì la bocca per urlare all’autista di aspettare, lo zaino scivolò lungo il braccio deputato all’equilibrio che si stava stendendo verso la portiera, la mano deputata ai pantaloni lo afferrò, i pantaloni caddero completamente e nello slancio cadde anche lui.

I ragazzi seduti sui sedili posteriori dell’autobus che si allontanava si stavano sganasciando dalle risate con la faccia schiacciata contro il lunotto.

Quando vengono ben stimolate le vesciche che stanno per scoppiare non guardano in faccia a nessuno e adesso che erano umide e sporche le costosissime mutande firmate Capéllin Kulein erano come tutte le altre.

sabato 17 novembre 2007